La piazza, come abbiamo detto, era il centro della vita del quartiere. Qui c’erano il mercato, la chiesa, le osterie con stallaggio, il portico (l’ala del mercato) sotto cui stare in caso di pioggia. Qui si viveva la vita del rione, della borgata. Qui nascevano amicizie e amori, magari durante le feste col ballo al palchetto o nelle funzioni religiose. Qui si giocava, anche: spazio pubblico buono per battaglie improvvisate tra bambini e ragazzi di ogni età, anche di oggi. Che poi il gioco sia il calcio o, come nel 1957, la palla pugno (il balun) poco importa.
“Ricordo il nostro divertimento semplice, inventivo. Buttavamo acqua sul pavimento della piazza, il liquido si trasformava in ghiaccio e diventava pista. Avevo 13 o 14 anni. Ricordo che un calzolaio per farci un dispetto buttava la cenere sul ghiaccio” – racconta sorridendo”.
La comunità del quartiere comprendeva tutti, anche il Parroco, figura assolutamente eminente nel panorama locale. Autorità indiscussa, morale e “politica”, alcuni tra i parroci della chiesa di san Giovanni Battista sono rimasti indissolubilmente legati al quartiere, e ancora oggi, magari a distanza di settanta anni, permangono nitidamente nella memoria dei nostri intervistati. Tra questi, spicca la figura del Canonico don Giovanni Basso, parroco dal 1936 al 1972.
“Quando gli viene chiesto da Anna chi erano i personaggi rilevanti del periodo, Pietro non ha dubbi: il quartiere, in quegli anni di adolescenza, era rappresentato dalla figura di Don Basso, capace di aggregare e svolgere una funzione pedagogica importante. Spiega: “Ricordo quando a 13 anni demolimmo il pavimento della chiesa di San Giovanni, su istruzione del Parroco, per preparare i lavori di riqualificazione”. Oltre a Don Basso, la figura di Don Valentino “ci metteva tutti in riga. Ricordo gli scappellotti e la sua figura autorevole, che sapeva come prenderci e dove indirizzarci. Andavamo a messa sovente, perché il parroco dava dei “punti” a chi era presente con maggiore frequenza. Alla fine dell’anno, chi aveva un punteggio maggiore otteneva un riconoscimento, una menzione speciale”.
La piazza era anche luogo di incontro, a volte con personaggi celebri:
“Conobbi Fenoglio. Lavorava da Marengo vini. Portavo le buste con i conti da saldare per conto di mio padre. Stessa cosa con Don Basso, il parroco punto di riferimento del quartiere. Mi viene in mente un’immagine di tanto tempo fa. Avevo l’abitudine di mettere il conto dentro una busta gialla, ma quando gliela porsi al prete lui pensò che fosse un’offerta: fu contento, esclamò un grazie di cuore, in verità dovetti dargli la notizia che la busta conteneva il saldo da pagare! Conservo questo ricordo dentro di me con affetto”.
Il quartiere e la sua piazza erano, ovviamente, anche sede di svariate attività tradizionali al servizio del cittadino. Negozi di quartiere, artigiani specializzati per privati e attività proto industriali (i bottai al servizio delle cantine vitivinicole del territorio delle Langhe): piccole attività che, concentrate nelle poche vie intorno alla piazza, facevano del quartiere un mondo quasi autosufficiente. Non gli “antichi mestieri” spacciati per tali da mercatini vari, ma serie e dignitose attività imprenditoriali che sono esistite fin quasi agli anni ’90 del secolo scorso.