Come ricordano questo aspetto della vita della piazza i residenti del quartiere? Ecco alcune testimonianze:
“La piazza, mi dici? L’hanno aggiustata, poi. Ma durante la guerra venivano i saltimbanchi. Sai i circhi? Erano anche loro poveri, facevano qualche salto e cadevano su queste corde. Erano anche loro poveri, ma qualcosa glielo davamo. Così mangiavano anche loro. E noi lì… ancora oggi in San Giovanni ci sono delle pietre rotonde, alte cinque centimetri. Ecco, noi andavamo lì e giocavamo a chi saltava più in alto. Si vinceva un gelato”.
“Le case si stringevano sulla piazza come un abbraccio materno e proteggevano gli abitanti. Sfortunati e poverissimi. Sì, perché, ben prima della migrazione dal Veneto per l’esondazione del Po, ovvero dell’alluvione del Polesine nel ‘51, quella parte di Alba, la più periferica, era stata il luogo in cui “si arrivava”. Ci si poteva fermare per un giorno, per il mercato, per vendere qualcosina o per cercare di fare l’affare settimanale importantissimo e di poco conto. Oppure “si arrivava” per un periodo più lungo, magari il tempo dei lavori stagionali legati ai raccolti nelle campagne. O ancora, si decideva si stare lì, punto e basta”.